Il Kabuki con i suoi rituali e colori ha sempre affascinato l’Occidente, che ne ha però una conoscenza solo superficiale. Fu inventato da una danzatrice nel 1603 e si collocò immediatamente come un tipo di teatro di innovazione e sperimentazione. “Kabuku” è un termine che significa “uscire dai ranghi, vestire fuori dall’ordinario, essere trasgressivo”; gli attori infatti vestivano con abiti sfarzosi, eccentrici e molto colorati.
Rispetto al teatro Noh, gli attori non usavano maschere, ma trucchi, le storie avevano un carattere molto più drammatico, violento o umoristico; il pubblico a cui era rivolto era quello della borghesia.
Contrariamente all’elitario Noh in cui un mecenate commissionava uno spettacolo per i propri ospiti, il teatro Kabuki si sosteneva grazie al pagamento di ogni singolo spettatore, necessitando quindi anche di una grande produzione di locandine promozionali seriali.
Non a caso il fenomeno del kabuki fu uno dei motori principali per lo sviluppo della xilografia giapponese e della corrente artistica Ukiyo-e, quel Mondo Fluttuante che influenzò nel profondo gli impressionisti europei.
CREDITS:
Una produzione Lucca Crea
Testo: Paolo Linetti
Voce narrante: Jun Ichikawa
Produzione: Italia 2020